GARIGA
(Pl. -ghe
associazione vegetale tipica dei terreni calcarei e rocciosi delle regioni mediterranee, legnosa, xerofitica, costituita da arbusti e suffrutici sempreverdi molto bassi, tra i quali vivono abbondanti specie erbacee, spesso a rapido ciclo vitale; tra le piante sono intercalati spazi privi di vegetazione.)
Il lavoro di Noemi Sgarlata, studentessa del secondo anno del biennio in Grafica d’Arte, è una potente riflessione introspettiva, in cui le forme di vegetazione che appaiono nelle loro mutevoli forme, non sono altro che metafora della condizione umana. Sospese in un sottile equilibrio tra vita e morte, queste immagini fissano la caducità della vita, come segno progressivo di una involuzione che minaccia l’universo dell’io. Il grande gariga nero, prosciugato della sua linfa vitale, con i suoi rami accartocciati verso il basso e le lunghe dita pendenti e piangenti, ci accoglie come la premonizione di una decadenza senza speranza, sfatata da una rinascita che le piccole terrecotte sembrano inneggiare. Si rinnova qui la concezione eraclitea del perpetuo flusso delle cose, di realtà che si dissolvono per tornare a riformarsi nel tempo. Scrive Noemi:
«Con una produzione che abbraccia tutte le tecniche tradizionali, i miei soggetti sono guidati da un’ontologica idea di fragilità e d’impermanenza entropica, in cui il paesaggio d’invenzione, con architetture animali o vegetali sotto attacco, decorticate dalle forze dell’invisibile, invoca e rivela le rovine e le macerie di una realtà perpetua che collassa e si rimette in piedi all’infinito».
Le opere in terracotta, di formato più piccolo, sono concrezioni che sembrano emanare un ésprit vital di bergsoniana memoria, cespugli vivi che si sprigionano dalla terra e si propagano verso l’alto in un gesto di sopravvivenza. Delicati esserini, a metà tra vegetale e animale, trattengono una forza ctonia, che sprigiona un’energia latente, profonda ma capace di esaltare il canto della materia. Con il linguaggio dell’incisione (acquaforte, acquatinta, puntasecca su zinco) Noemi si esprime con grande disinvoltura e ci proietta dentro paesaggi aspri e astrusi. L’anima è un territorio complesso che questi segni rivelano sensibilmente, continua l’artista:
«Delicatezze e asperità voluttuose, freschezza e arzigogoli puntuti, ammassi caotici e aperture dermiche, contribuiscono ad organizzare l’accordo atmosferico tra zone combuste e garighe, e punti dove, di contro, tutto viene placato sotto la disciplina della calma, in un effetto generale di febbre e sudori segnici».
Il segno è compulsivo e indicativo al tempo stesso, ma si risolve in un equilibrio formale di assoluta intensità e bellezza.
Emilia Valenza
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