arte&antropologia — a cura di Rosario Perricone
Antropologia e arte contemporanea
quattro seminari con Arnd Schneider
Palazzo Fernandez, Aula Magna (aula 10)
La sfida dell’antropologia contemporanea passa attraverso la dialogica, e a volte il conflitto, tra forme espressive ed interpretazioni interdisciplinari che intrecciano la loro conoscenza e metodologia sopra un oggetto di studio. Nuovi percorsi teorici e metodologici, nuovi sincretismi e nuove esperienze epistemologiche, esitati grazie all’
incontro e alla collaborazione tra discipline che generalmente collochiamo in settori distinti, sfidano il monopolio ormai obsoleto della sola scrittura accademica connessa ad un unico soggetto legittimato. Codici multi-espressivi attraverso cui narrare la cultura o alcuni tratti culturali di un gruppo umano, sperimentano modalità di volta in volta innovative attraverso la compresenza di più linguaggi e di più soggetti.
Uno dei massimi sostenitori del rapporto dialogico tra arte ed antropologia è Arnd Schneider che, in Contemporary Art and Anthropology (2006), criticando l’insufficiente cooperazione tra antropologi ed artisti con il conseguente mantenimento di rigidi confini tra antropologia, arte e scienza in generale, afferma come questa lacuna possa essere superata attraverso una reinterpretazione e una rielaborazione critica della gamma di pratiche sensorie e materiali tipiche di ciascuna delle due discipline. Dopotutto, riprendendo Mauss, arte ed antropologia sono delle “
tecniche del corpo”, definizione che non è ristretta alla meccanica delle formule fisiche di intervento, né alla morfologia degli oggetti quali reperti neutri, ma impegna un intreccio assai profondo di funzioni e attitudini psicosomatiche culturalmente plasmate. Schneider afferma che sia l’arte che l’antropologia hanno la peculiarità comune di re-interpretare e re-immaginare le pratiche sociali, culturali ed estetiche attraverso la loro capacità intrinseca di svelare la vita sociale. Insomma, arte ed antropologia possiedono la caratteristica comune di fare vedere le cose che non si vedono.
Arnd Schneider ha conseguito la laurea in Habilitation (Amburgo, 2006), PhD (LSE, 1992) e Magister Artium (Münster, 1986). È professore di antropologia sociale presso l’Università di Oslo dal 2007, ed è stato in precedenza lettore di antropologia presso l’Università di East London e ricercatore senior presso l’Università di Amburgo. Schneider è stato visiting professor presso l’Università di Tokyo (2022) e visiting scholar presso l’Università del Texas ad Austin (1994), l’Università del Colorado a Boulder (1996), il Center for International Studies, University of Aalborg (1997), UNAM, Messico (1998), SUNY, New Paltz (2004), il Musée du Quai Branly, Parigi (2010), il Field Museum, Chicago (2015), e il Museo delle Civiltà, Roma (2017). Ha co-organizzato la conferenza internazionale Fieldworks: Dialogues between Art and Anthropology alla Tate Modern, Londra nel 2003. Nel 2007 ha organizzato il simposio internazionale Art/Anthropology: Practices of Difference and Translation al Museum of Cultural History, University of Oslo, e nel 2019 la conferenza internazionale GLOBAL TRACES all’Università di Oslo. Ha curato la mostra Bel Suol d’Amore – The Scattered Colonial Body (dell’artista Leone Contini) al Museo delle Civiltà, Roma (2017), (con Cecilie Øien) The World Kaleidoscope: Images and Objects from Fieldwork in Anthropological Research (2008) ), e (con Astrid Anderson e Cecilie Øien) Dietro lo schermo: gli antropologi lavorano con il film(2013), entrambi alla Galleri Sverdrup, Università di Oslo. Ha organizzato (con Caterina Pasqualino, CNRS) i simposi internazionali Performance, Art and Anthropology (2009) e New Visions: Experimental Film, Art and Anthropology (2012) al Mus ée du Quai Branly, Parigi.